La bellezza del cinghiale sta quasi tutta dalle spalle in sù.Non è che il dietro sia da scartare anzi, ci
sono parti ottime,magre e saporite,come la lombata e il coscio, si potrebbe aggiungere anche i "santissimi" che sono una squisitezza
da bongustai; ed infatti al primo che posa il piede sul maschio abbattuto gli spettano di diritto.
Ma lassù, dalle spalle in avanti, c'è tutto: bellezza, forza, fierezza, astuzia e bontà. Pare però che questa verità, che
tutti conoscono e apprezzano venga messa in pratica solo a Castagneto Marittimo, dal momento che solo quì sanno trattare la
testa con arte divina che si tramanda di generazione in generazione.
Una bella testa ha setole irte e magari zanne ricurve e feroci, se si tratta di un maschio fiero e attempato; ma sopratutto
va tagliata vicino alla spalla, ché nel collo c'è il meglio.
Avuta comunque una bella testa, attaccala a grugno all'insù, per qualche giorno, al soffitto della cantina o in altro luogo
al fresco e all'aria.
Quando le gocce di sangue saranno diventate rade e scolorite e l'occhio spento, viene il momento più difficile.Per prima
cosa la testa va rapata a zero, lavoro noioso e importantissimo perché la cotenna deve rimanere intera e liscia come un uovo.Sicché
cerca di svegliere le setole a mano finché puoi e dopo, con un ferro arrovito di continuo, brucia tutti i peli fino all'ultimo.E
t'accorgerai che non basta.Allora dagli sotto a strusciar la cotenna con acqua bollente e mattone, poi, con un coltello di
filo, radilo pelo e contropelo. Lavorato che l'hai, riattaccalo per qualche ora a prosciugare.
A questo punto la testa va disossata stretta e poi, messi da parte cervello, lingua e ritagli, va strofinata con limone,
spizzicottata di sale e pepe spruzzata d'olio e aceto e affogata in tanti odori, ramerino, salvia, sedano, prezzemolo, timo,
cipolla,aglio e foglie d'alloro, tutto a pezzi grossolani.
Due giorni lì, a perdere d'odoracci e di durezza e a guadagnar di sapore.Poi l'atto finale: prepara un battuto fine con
gli stessi odori, un pizzicotto di tutto, ma specialmente ramerino, che dove c'è il grasso ci vuole, e salvia che serve al
servatico, e sale e pepe e spezie, ma quì prendila con le molle, perché il troppo stroppia: le spezie, come il sale, il pepe,
il fuoco e il tempo, è un'arte che non si insegna, è l'istinto del cuoco.
Inzacchera bene del battuto l'interno della testa, riempila di cervello, lingua e ritagli, chiudila, legala
strinta, magari in due pezzi nel caso ( a Dio piacesse! ) fosse troppo grossa. Così sistemata, adagiala con amore nel paiolo,
coprila con olio, vino e acqua in dose di 1, 2 e 3, aggiungi qualche foglia di alloro, un po' di buccia d'arancio, uno spicchietto
di limone, un paio di cucchiai d'aceto, un bicchierino di grappa, naturalmente sale e mezzo peperoncino, e a piacimento, perché
sui gusti un ci si sputa, mezzo cucchiaio di cioccolato fondente, una mezza tazza di uva secca rinvenuta nell'acqua, e una
manciata di pinoli.
Chiudi il paiolo e finalmente attaccalo sul fuoco. S'è già detto che il fuoco e il tempo non si insegnano,
però fuoco lento e tempo lungo è difficile che tradiscano.
Quando il forchettone entra facile e l'unto canta a voce bassa si può dir pronta: sbollentata, tagliata a
dischi, servita calduccia.
Al tempo che ci hai perso pensaci soltanto quando assaggi il grasso e il grugno !
Castagneto Marittimo 9 Dicembre 1894.
Nota – Un consiglio: non lasciatevi infatuare dalla poetica e dalla fantasia! Questo piatto va oltre le possibilità
dei comuni mortali! Non è solo una questione di cucina ma anche di alta macelleria e presuppone anche di avere locali disponibili
perfettamente attrezzati allo scopo. Però a Castagneto Carducci ( parliamo sempre del centro storico e non delle frazioni
dove al massimo ci si intende di "granocchi" ) c’è ancora qualcuno che….
20/112004 - L. Fancelli
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