CASTAGNETO CARDUCCI - Storia mai scritta

La vera storia di LORENZO FANCELLI
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LA VERA STORIA DI LORENZO FANCELLI  ( detto Il Frate - vedi soprann.)

Il personaggio, ormai certamente noto a tutti coloro che si sono interessati  della storia castagnetana, si presta a varie interpretazioni sia perché le notizie certe sono frammentarie e dovute  a rara documentazione reperibile  solo dalle “ autorità” sia perché la collocazione politica è diametralmente opposta al potere  allora assai asservito all’ ambito nobiliare. La tradizione orale tramanda la storia di un gruppo di “congiurati” che in maniera anonima, cioè vestiti di tunica con cappuccio completamente coprente il viso ( probabilmente da qui il soprannome de Il Frate ) in modo che nessuno fosse a conoscenza dell’identità degli altri, si riunivano ( il luogo non risulta identificato ma è da presumersi che di volta in volta si scegliesse un punto idoneo nelle folte macchie castagnetane ) per far scegliere alla sorte colui che avrebbe avuto il compito di eliminare fisicamente il prepotente di turno, col semplice sistema dell’estrazione  della pagliuzza più lunga.  Naturalmente Lorenzo fu sorteggiato ma nell’eseguire il compito assegnato non fu così preciso come richiesto tanto che il ferito  ( più precise indicazioni sulle persone potete trovarle nel libro Storia Castagnetana di Bezzini - ) pur non potendo parlare perché con la gola tagliata, fece in tempo a dare indicazioni ( come non è dato sapere, ma tuttavia questo risulta dalla cronaca “del potere”: -  Appare senz’altro più credibile  che, come sempre in questi casi, pur non avendo alcuna prova in mano, si sia preso un personaggio già ampiamente conosciuto per la sua intolleranza verso il potere  ( vedi quei numerosi “fatterelli” e reati già commessi contro la proprietà, che il Bezzini liquida sbrigativamente come brigantaggio e criminalità comune ) e colto l’occasione per incastrarlo dato che in un modo o nell’altro andava incastrato. Così, sulla base di ipotesi e indizi basati su non si sa quali testimonianze, ( quella della vittima  non fu comunque, nel momento, ufficializzata ) fu imprigionato nelle carceri del paese allora dislocate nei fondi dell’attuale palazzo civico.E qui accadde ciò che inficia dalla base la teoria sostenuta dal Bezzini: quando mai il popolo insorge per proteggere un ladro e un assassino? Mi risulta  ( ma qui dovremmo insegnare la storia proprio a un maestro?) che il popolo semmai ( e nemmeno sempre ) solidarizza con chi colpisce un potere diventato insopportabile, soggiogatore e limitatore delle libertà, mai e dico mai si è visto una sommossa di popolo a favore di un ladro per assicurargli il suo personale maltolto o per salvarlo dalla giustizia quando abbia ucciso una persona per derubarla. Ma andiamo avanti coi fatti: Il magistrato venuto appositamente da Volterra ( allora sede di amministrazione e già carcere di primaria importanza ) insieme al Podestà per eseguire il processo ( tutto fa presumere che ci fosse già l’intenzione e la convinzione di poter eseguire uno sbrigativo e del tutto sommario processo ) si trovò di fronte ad una vera sommossa del popolo castagnetano  ( prima e unica vera sommossa nella storia pur travagliata di questo paese ) che riunitosi proprio nel borgo, e su’ fino sotto al muro del palazzo comunale, munito di falci e forconi come nella migliore tradizione popolare, instaurò un tale “baccanale” che i suddetti podestà e Prefetto ritennero per loro assai più salutare optare per la liberazione di Lorenzo. Naturalmente la cosà non finì lì: in un secondo tempo, riorganizzandosi e mettendo insieme altre sufficienti testimonianze ( possiamo facilmente immaginare come ) Lorenzo Fancelli fu di nuovo imprigionato e, questa volta con la massima discrezione, fu rapidamente trasferito nelle carceri di Volterra ( assai più sicure ) da dove non uscirà mai più se non cadavere. Al di là del giudizio più o meno opinabile sul personaggio, che certo non può essere sbrigativamente liquidato come uno dei tanti briganti di cui l’Italia intera era infestata ( e pure su di essi l’analisi  non può non tenere conto dei processi storici che lentamente andavano maturando ) ma sicuramente un precursore di quei moti di ribellione che solo successivamente si manifesteranno a livello più ampio: Basti pensare che le azioni più eclatanti a livello di Carboneria si avranno solo intorno al 1820 mentre Lorenzo muore a Volterra intorno al 1770 ( e quindi nasce presumibilmente ai primi del ‘700 ). Movimenti che poi avranno ancora successive maturazioni e sfoceranno proprio in Toscana in uno dei pilastri del pensiero anarchico internazionale  rappresentato da Pietro Gori ( ma qui siamo molto più avanti dato che quest’ultimo muore all’Elba nel 1911 ). Non possiamo tuttavia fare  a meno di notare che quello stesso Pietro Gori ha passato la fanciullezza e quindi  i momenti più significativi nella formazione del carattere proprio nel nostro paese ( vedi lapide in piazza San Bastiano ) nella forgia di quegli “spiriti inquieti”  da sempre in lotta contro la nobiltà prepotente e le istituzioni ad essa asservite, fucina di ribelli che contro i Gherardesca costituirono la società dei “Comunardi di Castagneto”. E’ un altro personaggio che con strumenti assai diversi segue la stessa strada adoperandosi per la difesa dei poveri e degli oppressi solo con l’arma della parola e l’uso sapiente ( dato che era avvocato ) del diritto, mentre al tempo di Lorenzo l’unica arma era il coltello e la lotta necessariamente violenta. Ma torno a sottolineare che il personaggio di Lorenzo Fancelli non è da considerarsi nemmeno un eroe solitario, un Robin Hood del momento ( che già sarebbe un fatto di portata storica ) ma va visto nel contesto di una situazione del tutto particolare allora in Italia e io azzardo a dire forse unica: la presenza di una vera e propria setta segreta che agisce e vive insieme al popolo non come espressione di gruppi elitari intellettuali di mazziniana memoria ma come immediata esigenza di sopravvivenza e risposta diretta a spinte ideali ancora “in nuce”. Sembrerà un fatto quantomeno insolito ma, sia perché porto il suo stesso nome, sia perché sento sempre prorompere un impeto di incontenibile ribellione davanti all’ingiustizia ( chissà se c’è qualche legame ) dedico al mio antenato le seguenti righe, che la sua anima riposi in pace:--------
 O gentil, sottil maestro,----------------------------------
 Cantor dei tempi e del paese nostro,-----------------------
 il nome mio sul tuo capestro,----------------------------
 mettesti in piazza come raro mostro,--------------------
or dalla tomba e dalla nera terra,----------------------
suoni il mio grido fino a Volterra,---------------------
non sei tu giudice né uomo pio,--------------------------
falso e bugiardo davanti a Dio,--------------------------
sei stato sempre servitor cortese,-----------------------
a signori, Conti e del Marchese,------------------------
Servitori cari, servitori vari,--------------------------
ai nobili di allora mai contrari,------------------------
sempre a far lega con la padrona nobiltà,----------------
quando il popolo lottava per la propria libertà,----------
 tu mettesti in croce un’altra volta ancora,----------
chi caduto fu, or come allora.-----------------------------
 Per far piacere ai tui cari protettori,--------------------
non esitasti a pubblicar la storia,------------------------
 ma senza fede né valori,-----------------------------------
mi facesti passar per uom di boria,------------------------
annota tu ch’io son invece,--------------------------
far di giustizia a tanta gente,----------------------------
non temo i forti e la tua specie,--------------------------
ti aspetto al varco,abbilo a mente,------------------------
e men che men di tutti temo,-------------------------------
il tuo figur che adesso chiamo,----------------------------
da questa tomba aperta ora ti bramo------------------------
per far giustizia al modo mio che amo!--------------------- ----------------------------------------------------------- (Lorenzo Fancelli ----------------------------------------- ( ----------in memoria di LORENZO FANCELLI ) °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Se ci fosse qualche dubbio sulla esistenza di un “ castagnetano pensiero “ originatosi proprio ai tempi di Lorenzo e sempre più consolidatosi ed uscito “allo scoperto” man mano che il processo di civilizzazione sociale andava procedendo, voglio qui ricordare alcuni personaggi che possono essere considerati l’espressione migliore, oggi riconosciuti di rilievo nazionale nel processo di formazione dei primi movimenti popolari e della nascita di una coscienza di classe. La semplice lettura delle loro biografie è sufficiente ad inquadrare le figure in un contesto socio culturale maturato a Castagneto già da lungo tempo: - Un po’ difficile qui ricondurre il collegamento a personaggi della delinquenza comune! Seppure il tentativo da parte di chi si sente minacciato nel potere o nel patrimonio sia  sempre lo stesso e poi comunque riesce sempre ad avere la meglio godendo di tutte le esistenti disponibilità di mezzi e di potere ufficialmente riconosciuto contro un movimento ideale che ancora deve trovare un’ efficace organizzazione e sviluppo.A dimostrazione dello spirito “indomito” dei castagnetani  si veda anche  la figura seguente rappresentante della famiglia Borsi  il cui più noto esponente fu poi il figlio Giosuè ( ricordato nella lapide posta a metà del borgo ) poeta contemporaneo del Carducci poi morto in combattimento durante la prima guerra mondiale AVERARDO BORSI nacque a Castagneto (LI) nel 1858, da una famiglia di commercianti di stoffe.
Studioso autodidatta, si era formato una vasta e profonda cultura letteraria e giuridica. Fu legato ai partiti ed ai circoli anticlericali e fu iscritto alla Massoneria. Intimo del Carducci e del Pascoli, fu amico anche dei maggiori e più famosi suoi contemporanei: Ma scagni, Marrani, Niccodemi, Fattori, Novellini. Iniziò la carriera di giornalista a Livorno, collaborando ai quotidiani "Il Telegrafo", la "Gazzetta Livornese", "Il Telefono", "L'Elettrico". Nel 1895 fondò il "Corriere Toscano" e lo diresse fino al 1898, quando acquistò "Il Telegrafo" e "La Gazzetta Livornese", assumendone la direzione e rinnovandone l'assetto redazionale e la veste grafica. Nel 1907 si trasferì con la famiglia a Roma, dove si affermò sempre più come giornalista e uomo politico.
Tornò in Toscana per dirigere e poi acquistare il "Nuovo Giornale" di Firenze, nato nel 1906.
Oltre che valente giornalista, fu scrittore di drammi (ricordiamo "Il Dominatore" del 1906).
Morì improvvisamente di peritonite a Firenze, il 23 dicembre del 1910.
 
PIETRO GORI - 
Nasce a Messina da Francesco Gori e Giulia Lusoni. La famiglia è originaria dell’Isola d’Elba, il padre è un ufficiale dell’esercito già cospiratore risorgimentale, la madre è originaria di Rosignano Marittimo.Il nonno era stato ufficiale della Vecchia Guardia di Napoleone I. Stabilitasi la famiglia a Livorno, Gori compie studi  classici, aderendo giovanissimo ad una “Associazione Monarchica” dalla quale viene espulso per indegnità. Collabora al periodico moderato “La Riforma”. 1886-1889 S’iscrive a Pisa alla facoltà di Giurisprudenza ed  entrato in contatto con gli ambienti anarchici ne diventa ben presto uno dei leader più in vista. Come segretario dell’“Associazione Studentesca” organizza una commemorazione di Giordano Bruno.

1889 Si laurea in giurisprudenza all’Università di Pisa con una tesi di sociologia criminale su “La Miseria e il Delitto” ispirata alle idee dell’allora nuova “Scuola Penale Positiva”.

Il noto professore Francesco Carrara è relatore della tesi.

1889 (novembre) Il suo primo opuscolo “Pensieri ribelli”, firmato con l’anagramma “Rigo”, che raccoglieva i testi delle prime conferenze del giovane militante libertario, viene sequestrato dalle autorità che bandiscono un processo contro Gori per “istigazione all’odio di classe”. 

Un nutrito stuolo d’avvocati, amici di corso e professori, difenderà Gori in questo suo primo processo che lo vedrà assolto da tutte le accuse.

1890 (1° maggio) Manifestazione e scontri a Livorno tra operai e forze dell’ordine. Gori insieme con altri 27 studenti ed operai sono accusati di “ribellione ed eccitamento all’odio fra le diverse classi sociali”, ed è indicato come organizzatore dello sciopero preparato per quella ricorrenza. 

Arrestato il 13 maggio è processato e condannato ad un anno di reclusione, condanna che in cassazione verrà ridotta ad alcuni mesi. Rinchiuso nel carcere di Livorno poi in quello d Lucca viene liberato il 10 novembre.

1891 (4-6 gennaio) Aderisce a Capolago assieme ad altri noti esponenti dell’anarchismo italiano (Malatesta, Galleani, Merlino e Cipriani) al congresso di costituzione del Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario.

1891 Partecipa a Milano, come rappresentante della “Federazione cappellai del lago Maggiore” al congresso del Partito Operaio Italiano.

1891 Traduce per la biblioteca popolare socialista “il Manifesto del partito comunista” di K. Marx e F. Engels.

1891 (22 novembre) In una nota riservata del Ministero degli Interni a tutti i Prefetti del Regno, Gori viene sottoposto a “speciale sorveglianza” per il suo carattere “audace” e per il suo “ingegno svegliato”.

1891-1892 Trasferitosi a Milano, lavora nello studio d Filippo Turati, e fonda un giornale l’“Amico del popolo” di cui i 27 numeri usciti saranno tutti sequestrati dalle autorità.

1892 (4 aprile) Tiene, nella sede del “Consolato operaio” di Milano, una conferenza dal titolo “Socialismo legalitario e socialismo anarchico” dove chiarisce le posizioni critiche dell’anarchismo nei confronti del socialismo “riformista” giudicandolo autoritario e parlamentarista.

1892 (14 agosto) A Genova in occasione del congresso nazionale delle organizzazioni operaie e socialista, difende, assieme ad A. Casati e L. Galleani, le posizioni intransigenti e rivoluzionarie dell’anarchismo contro i “professori” del socialismo riformista che daranno vita al Partito dei Lavoratori Italiani poi Partito Socialista Italiano.

1892-1893 Pubblica le sue prime opere poetiche “Alla conquista dell’Avvenire”  e “Prigioni e Battaglie”, tutta la tiratura, circa 9000 copie andrà esaurita in un breve lasso di tempo.

1893 (maggio) Difende a Viterbo l’anarchico individualista Paolo Schicchi che viene condannato a 11 anni di galera.

1893 (5 giugno) Ad Ancona tiene una conferenza dal titolo “Obbiezioni all’anarchia” dichiarando che il vero socialismo non può che corrispondere al comunismo anarchico.

1893 (agosto) Partecipa al congresso socialista di Zurigo e ne viene espulso assieme ad Amilcare Cipriani.

1893 Fonda la rivista “La Lotta Sociale” che fu ben presto costretta a sospendere le pubblicazioni a causa dei continui sequestri ordinati dalle autorità.

1894 (6 aprile) Di fronte al Tribunale di Chieti difende il compagno Camillo Di Sciullo.

1894 (22 maggio - 8 giugno) A Genova difende Luigi Galleani e altri compagni.

1894 A causa delle leggi antianarchiche e alle persecuzioni, e ai continui attacchi succedutisi dopo l’attentato di Sante Caserio contro il presidente della repubblica francese Sadi Carnot, di cui Gori viene accusato dalla stampa borghese di esserne l’ispiratore, per sfuggire ad una condanna a cinque anni, è costretto ad espatriare clandestinamente.

1895 (gennaio) A Lugano è arrestato e dopo 15 giorni di galera viene accompagnato alla frontiera con la Germania.

Nell’occasione scriverà la famosa canzone “Addio Lugano Bella”.

Dalla Germania, passando per il Belgio approda ai più sicuri lidi inglesi dove incontra i principali esponenti dell’anarchismo internazionale da Kropotkin, a Louise Michel, da Carlo Malato a Sebastian Faure oltre naturalmente al solito Errico Malatesta.

1895 Emigra per un viaggio di propaganda negli Stati Uniti d’America, dove in un anno circa, viaggiando dalla sponda dell’est a quella dell’ovest tiene oltre 400 conferenze. Collabora al periodico di Patterson (New Jersey) “La Questione Sociale”. 

1896 (estate) Ritorna in Inghilterra per partecipare al 2° congresso dell’Internazionale Socialista

(27 luglio 1° agosto) come delegato delle organizzazioni operaie “Trade Unions” americane, dove ancora una volta si fa portavoce delle istante rivoluzionarie e anarchiche. 

Gli anarchici vengono espulsi dal congresso. 

Collabora al giornale “The Torch”.

1896  Subito dopo il congresso, Gori è colpito da una grave malattia e viene ricoverato al National Hospital di Londra, dove è assistito da Loiuse Michel.

1896 Per il continuo interessamento dei compagni e dei parlamentari Bovio e Imbriani, il governo gli concede il permesso di rientrare in Italia e obbligatoriamente di risiedere all’isola d’Elba.

1896 (4 dicembre) Trasferitosi a Rosignano Marittimo presso la famiglia riprende i contatti con il movimento anarchico.

1898 In occasione della inaugurazione del monumento commemorativo delle “cinque giornate”, Gori tenne un acclamato discorso che fu poi assunto come uno dei capi d’accusa durante il processo in contumacia intentatogli davanti alla Corte marziale durante i fatti del ’98.

1898 (5 febbraio) Difende assieme agli avv. Zerboglio e Dello Sbarba gli operai e i contadini di Campiglia Marittima che avevano partecipato alle agitazioni popolari d’inizio d’anno.

1898 Difende di fronte alla Corte d’Assise di Casale i compagni protagonisti delle rivolte di Carrara ed ad Ancona i compagni della redazione dell’“Agitazione” fra cui Malatesta.

1898 Collabora a diversi periodici anarchici fra cui l’«Agitazione» d’Ancona. A causa delle agitazioni e delle successive azioni repressive del governo è costretto ancora una volta ad emigrare. 

A Marsiglia si imbarca per il sud America, mentre le autorità italiane lo condannano a 12 anni di galera.

1898-1901 Nel suo soggiorno sud americano si farà conoscere oltre come agitatore e propagandista anche per le sue qualità di studioso. 

Fonda a Buenos Aires la rivista scientifica “Criminalogia Moderna” che avrà decine di collaboratori in tutto il mondo.

1902 Rientra in Italia, agevolato da un’amnistia, sia per motivi familiari sia per quelli legati alla salute.

1903 Su invito di Luigi Fabbri fonda a Roma la rivista quindicinale “Il Pensiero”.

1903 (27 novembre) Muore a Rosignano Marittimo la madre.

1904 Effettua un viaggio in Egitto e in Palestina di cui diede una relazione in una brillante conferenza tenuta all’Associazione della Stampa in Roma.

1905 Continua a tenere conferenze di propaganda e la sua professione d’avvocato, difendendo molti compagni in numerosi processi penali. 

Partecipa al Congresso sindacalista di Bologna organizzato da O. Dinale tenendo una relazione sul tema dei rapporti fra sindacato e partiti politici.

1907 Partecipa alle agitazioni che si verificarono all’Isola d’Elba per la morte di tre operai ed il ferimento di molti altri per lo scoppio di un altoforno.

1909 (14 novembre) A Portoferraio tiene l’ultima conferenza in commemorazione di Francisco Ferrer.

1911 (8 gennaio ore 6,30) Muore a Portoferraio, dove si era rifugiato per cercare di trovare sollievo per la sua malattia, fra le braccia della sorella Bice e quelle dell’operaio anarchico di Piombino, Pietro Castiglioli.            

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